ANASSIMANDRO

Le opere sono state esposte: Palazzo Ducale, Sale dell'Esedra, Mantova, 1990; Castello dei Pio, Carpi, 1990; Complesso Monumentale S. Michele a Ripa, Roma; Palazzo dei Diamanti, PAC, Ferrara, 1991; Palazzo Crepadona, Belluno, 1991; Palazzo dei Priori, Sala del Grifo e del Leone, Perugia, 1991.

 

Altre Opere

Dice Diogene Laerzio:

Anassimandro nel secondo anno della 58ª Olimpiade (547-546 a.C.) aveva 64 anni e dopo poco morì.

Nativo di Mileto, sappiamo, sempre da Diogene Laerzio,che Empedocle ne invidiava e imitava il piglio tragico e il vestito severo.
Scoprì per primo lo gnomone e lo pose a Spartai n luogo sensibile all'ombra per indicare i solstizi e gli equinozi; costruì anche degli orologi. E per primo disegnò i contornidella terra e del mare e costruì anche una sfera. Anche Agatemno riporta questa notizia:

... per primo ardì disegnare su una carta la terra abitata.

Aezio riferisce:

Anassimandro sostiene che gli astri sono involucri spessi di aria a forma di ruota, pieni di fuoco, che in parte dalle aperture spirano fiamme.

 

Dice Teofrasto:

Tra quanti poi dicono che l'elemento è uno solo e in movimento e infinito, Anassimandro, figlio di Prassiade, da Mileto - successore e discepolo di Talete - dichiara che l'infinito sia principio ed elemento delle cose che sono, e fu il primo ad introdurre questo nome di principio. Egli dice, orbene, che il principio non è acqua né alcun altro dei cosiddetti elementi, bensì una certa natura infinita differente, da cui sorgono tutti i cieli e i mondi in essi contenuti.

 

Sullo stesso tema scrive Aristotele nella 'Fisica':

Ogni cosa, infatti, o è principio o deriva da un principio; ma dell'infinito non c'è principio, poiché in tal caso esso avrebbe un limite. E inoltre esso è ingenerato e incorruttibile, proprio come se fosse un principio: è necessario, difatti, che sia il generato trovi un termine, sia la fine appartenga a ogni distruzione. Perciò diciamo appunto che di esso non vi è principio, ma che esso sembra essere principio delle altre cose, e abbracciare tutte le cose e tutte le cose governare...
Le cose nascono dall'infinito per una separazione o un distacco dei contrari (caldo-freddo, secco-umido...) dal principio uno, a causa di un movimento eterno.

 

Simplicio riporta le parole di Anassimandro:

Donde le cose traggono la loro nascita, ivi si compì la loro dissoluzione, secondo necessità; infatti reciprocamente pagano il fio e la colpa dell'ingiustizia, secondo il decreto del Tempo.

 

Queste parole, che hanno avuto varie interpretazioni, collegano il nascere e il dissolversi con una colpa, l'ingiustizia. Secondo l'opinione del Mondolfo, probabilmente Anassimandro si riferiva, in questo passo, ai contrari che tendono appunto a sopraffarsi l'un l'altro. L'ingiustizia è l'ingiustizia propria di questa sopraffazione. E poiché il mondo nasce con la scissione dei contrari, in ciò va vista la prima ingiustizia; la scissione in opposti dell'unità del principio e la scissione compiuta da ognuno degli opposti, in odio all'altro, nella condizione di unico superstite e dominatore. Anticipatrici di verità scientifiche sono alcune intuizioni di Anassimandro; quella relativa alla terra che si regge per equilibrio di forze, riportata da Ippolito:

Secondo Anassimandro la terra è librata in alto, non è sostenuta da niente e rimane sospesa perché ha uguale distanza da ogni cosa che la circonda...

e quella relativa all'evoluzione della specie mediante l'adattamento all'ambiente, riportata da Aezio:

 

Anassimandro dice che i primi animali nacquero nell'elemento liquido, ricoperti di una scorza spinosa; cresciuti in età, lasciarono l'acqua e vennero all'asciutto, e, essendosi lacerata la scorza che li copriva, dopo poco cambiarono il modo di vivere.

 

Plutarco dice inoltre:

Anassimandro, amico di Talete, affermò che l'uomo fu generato da animali di altra specie, perché, mentre gli altri viventi si nutrono subito da sé, solo l'uomo ha bisogno, per molto tempo, delle cure della nutrice; ora, se all'inizio fosse stato tale come è adesso, non avrebbe potuto sopravvivere.

 

Da Ippolito ci giunge la medesima affermazione:

Anassimandro diceva che all'inizio l'uomo era simile ad un animale diverso da lui, e cioè il pesce.

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